Articoli

Omelia pronunciata da S. E. Mons. Pietro Maria Fragnelli, Vescovo e Priore della Delegazione di Trapani in occasione della Celebrazione Eucaristica mensile tenutasi nella Chiesa Capitolare di San Cataldo, sede della Sezione di Palermo il 12 marzo 2023.

 

Carissimi Cavalieri, carissime Dame del Santo Sepolcro di Gerusalemme!

Ringrazio per l’invito a presiedere questa celebrazione eucaristica nel vostro cammino verso la santa Pasqua. Ho aderito volentieri, ben consapevole che con me viene interpellata tutta la nostra Delegazione di Trapani: è un’occasione di crescita nella comunione tra tutti noi e nella disponibilità alla specifica missione che la Chiesa ci affida. È lo Spirito Santo che ci raduna nel nome di Cristo e ci permette di offrire la nostra vita nel sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. L’Ordine insegna a pregare con profonde parole di fede. Diremo alla fine della Messa con la preghiera dei Cavalieri e delle Dame, il desiderio di “essere degni del sacrificio” di Cristo; per questo invochiamo: “Fa’ scendere su di noi il Tuo Spirito affinché ci renda convinti e sinceri ambasciatori di Pace e di Amore fra i nostri fratelli e, particolarmente, fra coloro che pensano di non credere in Te”.

Ambasciatori, cioè strumenti di pace e di amore.

La Parola ci interpella
Il libro dell’Esodo (Es 17,3-7) ci rivela la vicinanza di Dio al popolo in cammino nel deserto: “Ecco, io starò davanti a te là sulla roccia, sull’Oreb”. Il bastone con cui Mosè ha percosso il Nilo è lo stesso strumento con cui deve battere la roccia per ottenere l’acqua che disseta: così “ne uscirà acqua e il popolo berrà”. Al centro c’è la sete umana: sete di libertà finché si è schiavi di questa o quell’altra potenza, sete di acqua fincJ1é ci sono zone desertiche da attraversare nel tempo e nella terra della libertà personale e comunitaria.

È sempre la Parola di Dio, per bocca di san Paolo, che ci dà la certezza della speranza. Lo assicura ai cristiani di Roma: “La speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (5,5). Sì, è lo Spirito Santo, donato dalla Pasqua di Cristo, che ci disseta, ci raduna, ci rende ambasciatori e strumenti di pace e di amore. Gesù stesso dona alla samaritana, e a tutti gli assetati, la certezza di un dono straordinario: “Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv 4, 13-14 ). Oggi questa Parola è rivolta a noi tutti, alle nostre famiglie e al nostro cammino nella Chiesa di oggi. Il mondo attende testimoni credibili, portatori di quella speranza che nasce dal sacrificio di Cristo sulla croce.

Una spiritualità dell’Ordine
Quando nella preghiera contemplate le cinque piaghe del Signore, voi chiedete: “Donaci la forza di amare tutti gli esseri del mondo che il Padre tuo ha creato e, più degli altri, i nostri nemici”. Siete consapevoli del deserto della mente e del cuore, quando dite: “Libera la nostra mente e il nostro cuore dal peccato, dalla parzialità, dall’egoismo e dalla viltà per essere degni del tuo sacrificio”. Per questo chiedete il dono dello Spirito: “Fa’ scendere su di noi il tuo Spirito”. La prospettiva è quella dei pellegrini, che chiedono la fede: “Donaci la fede per affrontare tutti i dolori della vita quotidiana e per meritare un giorno di giungere umilmente ma senza timore al tuo cospetto”.

Il cardinale Fernando Filoni, Gran Maestro, vi ha consegnato un prezioso libretto: E tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento. Per una spiritualità dell’Ordine del Santo Sepolcro. È un invito a risalire a “ciò che Maria di Betania fece sei giorni prima della morte di Gesù. Gli unse i piedi, e Gesù lodò questo gesto. E nello stesso tempo lasciò poi alla Chiesa il compito di continuare questa stessa missione, quando disse: i poveri saranno sempre con voi. La Chiesa sarà con voi, continuerete a ungere di profumo i passi della vita della Chiesa, dei poveri, di tutti coloro che entreranno a farvi parte. Ecco: la nostra spiritualità parte da questo punto, e poi segue il mistero di Gesù, quindi la sua passione, l’istituzione dell’eucaristia, la morte, la resurrezione, seguendone gli aspetti più significativi”. Questo percorso biblico ed ecclesiologico si concretizza nella disciplina interna dell’Ordine. La sostanza è quella di essere testimoni del Signore Risorto, presente nella storia. Presente in particolare nella delicata e dolorosa storia della Terra Santa.

Da lì parte il nostro impegno di testimoni nel mondo, a fianco di tutti i testimoni che lo Spirito Santo suscita nella nostra isola, in Italia, in Europa e oltre tutti i confini. In questa domenica della samaritana voglio ricordare a me e a voi un libro che don Primo Mazzolari scrisse durante la Seconda guerra mondiale. Si chiamava La samaritana. Nel personaggio femminile, protagonista del dialogo con Gesù narrato nella pagina evangelica di Giovanni ascoltata oggi, il parroco – scrittore riconosceva l’immagine dei tanti “lontani” assetati di giustizia e di amore, a cui la Chiesa doveva e deve far giungere la parola del V angelo. Il dialogo con la donna di Samaria serve per rilanciare l’idea che l’annuncio cristiano deve essere un incontro personale, che tocca e trasforma nel profondo. Il dialogo cristiano è risposta alla “sete d’infinito”, è fonte di vita rinnovata nella storia di tutti e nel quotidiano di ognuno. Va offerto con la delicatezza di chi conosce e riconosce il mistero della coscienza, “credendo nell’amore e nel metodo dell’amore”. Avanti, ambasciatori di pace e di amore! Come Mazzo lari “inquietate con intelligenza e carità” (B. Bignami) gli uomini e le donne del nostro tempo.

INTERVENTO DEL GOVERNATORE GENERALE
ALL’AGAPE DOPO L’INVESTITURA AL DUOMO DI MONREALE
(Monreale, 4 dicembre 2021)

Eminenza Reverendissima,
Eccellenze,
Cari confratelli e consorelle di Sicilia,

vorrei esprimere il più vivo ringraziamento per l’accoglienza ricevuta e i più sinceri complimenti per la perfetta organizzazione della cerimonia della Veglia di preghiera di ieri nella Cappella Palatina del Palazzo dei Normanni e dell’Investitura di oggi nella Cattedrale di Monreale.
Si è trattato di momenti solenni di altissima spiritualità, in una incomparabile scenografia che solo la Sicilia è in grado di offrire.

Ai nuovi investiti ed ai promossi i più vivi rallegramenti ed i più ……sinceri auguri.
E’ la terza volta dall’inizio del mio mandato che vengo a Palermo, a testimoniare la vicinanza e l’attenzione del Gran Magistero per questa Luogotenenza e l’amore che porto alla Sicilia. Ci eravamo lasciati con alcuni buoni propositi.
Vorrei darvi un sintetico sommario dei passi avanti che sono stati compiuti dall’ultima mia visita.
Dopo l’approvazione dello Statuto, una Commissione sta mettendo a punto un progetto di Regolamento Generale: si tratta di un lavoro complesso e delicato che richiederà tempi lunghi. Il testo finale entrerà poi in vigore per un periodo iniziale ad experimentum prima di essere definitivamente approvato.
Sotto l’impulso del Cardinale Gran Maestro sono stati messi a punto i nuovi rituali e sono stati tradotti e stampati varie lingue lo Statuto ed il libro sulla spiritualità
Siamo stati riconosciuti come Ente Centrale della Chiesa: ciò sta a significare che i Cavalieri e le Dame dell’Ordine sono uno strumento operativo della Chiesa, sono parte integrante di quel disegno che la Santa Sede si è prefissa, per mantenere viva la presenza cristiana in Terra Santa.
Si è chiuso il doloroso capitolo dei debiti del Patriarcato Latino per l’Università di Madaba.
Viviamo in tutta la Chiesa un periodo di rinnovamento, sotto l’impulso di Papa Francesco, un rinnovamento che è fatto di semplificazione e di trasparenza amministrativa, di apertura e di dialogo.
A tale rinnovamento l’Ordine del Santo Sepolcro di Gerusalemme non poteva rimanere estraneo. Rinnovamento però non vuol dire cancellazione del passato.
Noi siamo fieri delle nostre nobili tradizioni. Rinnovamento significa adattare quelle tradizioni ai tempi moderni, ricercare le motivazioni che sono all’origine dell’Ordine, ridare loro vitalità affinché
l’Ordine possa continuare la sua opera e svilupparsi ed affrontare le sfide de futuro.
Alla radice di tale rinnovamento sta il desiderio di accentuare l’aspetto spirituale e caritativo del nostro impegno.
Ma il rinnovamento attiene anche ad aspetti gestionali ed amministrativi: e quindi anche la nostra azione caritativa si modernizza e si adegua alle necessità dei tempi.
Rinnovamento significa anche rileggere il significato dei simboli del nostro Ordine, che rappresentano un riferimento che ci impegna, nel nome del mistero della Resurrezione, ad una vita di sollecitudine per uno scopo ben preciso della Chiesa. E sono lieto che la Luogotenenza di Sicilia abbia dibattuto a fondo questi temi in un incontro svoltosi ad Enna il 23 luglio scorso.
Sul piano operativo è indubbio che la Terra Santa abbia attraversato momenti di emergenza sia per l’impatto particolarmente doloroso del Corona Virus.
L’appello lanciato dal Cardinale Gran Maestro per l’emergenza Covid ha permesso di raccogliere oltre tre milioni di dollari, ma per converso abbiamo visto decrescere le nostre entrate ordinarie per la diminuzione di investiture e per pareggiare il bilancio nel 2020 abbiamo dovuto far ricorso alle riserve statutarie.
Stiamo ampliando il nostro Ordine a Paesi nuovi in Europa, in Oriente, in Sud America.
Sul piano della Comunicazione abbiamo intensificato l’impegno per la massima diffusione delle attività dell’Ordine.
Stiamo rendendo più funzionali gli uffici di Roma e rinnovando quel meraviglioso palazzo della Rovere che Papa Pio XII ci ha donato.
Un mese fa, il 20 ottobre abbiamo tenuto una sessione del Gran Magistero molto proficua, con la partecipazione, in presenza o in collegamento, di tutti i membri, rappresentativi di tutte le aree geografiche.
Ho voluto poi distribuire a tutti i Luogotenenti le relazioni che mi sono state inviate, con l’intento di rendere sempre più aperta e trasparente la nostra attività.
Nei giorni scorsi ci siamo riuniti in teleconferenza con i Luogotenenti Europei e poi con i Luogotenenti Latino Americani. In precedenza nel corso dell’anno ci eravamo riuniti anche con quelli dell’Oriente e del Pacifico mentre con i Nord Americani prevediamo un incontro in presenza nel giugno prossimo.
L’attività di contatto e di visite, così importante per meglio conoscersi e comprendersi riprende. Il Cardinale Gran Maestro ha presenziato ad alcune investiture e laddove il Cardinale Gran Maestro non può essere presente cerchiamo di inviare sempre un membro in rappresentanza del Gran Magistero. Presto riprenderanno i pellegrinaggi.


In gennaio il Cardinale Gran Maestro ha programmato una visita in Terra Santa.
In tutto questo processo la vostra vicinanza ed il vostro sostegno sono importantissimi.
Il dialogo non si è mai interrotto e con molti Luogotenenti si è rafforzato in questo periodo di pandemia. Con il S.E. Luogotenente Russo intrattengo un contatto continuo. Ci siamo visti anche molte volte anche a Roma. Il contatto ed il fraterno confronto è fondamentale.

Nel rinnovarvi il mio ringraziamento per la vostra attenzione la vostra accoglienza e per tutto il sostegno che mi date, mi unisco in preghiera per la Terra Santa e formulo ogni augurio di bene alla
Luogotenenza di Sicilia ed a tutti voi.

Amb. Ludovico Visconti di Modrone

 

40° ANNIVERSARIO DELLA COSTITUZIONE DELLA LUOGOTENENZA SICILIA

L’Ordine è presente nella nostra Isola da più di 800 anni, dal primitivo insediamento nel Priorato di Sant’Andrea, a Piazza Armerina (A.D. 1148); quest’anno ricorre il 40esimo anniversario della costituzione della Luogotenenza per la Sicilia, avvenuto per decreto dell’1 dicembre 1981.

La felice ricorrenza sarà celebrata in concomitanza con l’Investitura di nuovi Cavalieri e Dame secondo un programma che presto sarà pubblicato.

Intanto, pubblichiamo il logo a ricordo per tale ricorrenza.

Cardinale Fernando Filoni.
La Pasqua è una «storia» che si tramanda ed un «evento» che continua. Non è una semplice ricorrenza del lunario religioso, anche se a volte la si può percepire così; e nemmeno è un accadimento annuale. Eppure, c’è sempre un po’ di tutto questo, in ossequio alla ripetitività della nostra vita, alla ciclicità del calendario e alle abitudini per non dimenticare.
Nella liturgia quotidiana della Messa, la Chiesa si rivolge a Dio: “Celebrando il memoriale della morte e risurrezione del tuo Figlio … ti rendiamo grazie (o Padre)” (Preghiera eucaristica). In queste parole troviamo il nucleo della nostra Pasqua; ossia, celebriamo la morte e la risurrezione di Gesù, ringraziando il Padre per l’amore manifestato a noi in Lui, nostro fratello. Melitone, vescovo di Sardi, in un celebre sermone pasquale prefigurava Gesù in un agnello: ucciso in Abele, legato mani e piedi in Isacco, straniero in Giacobbe, venduto in Giuseppe, esposto sulle acque in Mosè, perseguitato in Davide, disonorato nei profeti, immolato nel vespro, sepolto nella notte, non soggetto alla corruzione, perché Dio lo risuscitò dai morti traendolo dal profondo del sepolcro e facendo rivivere in lui l’umanità. L’imperscrutabile disegno di Dio diventa «segno», o «sacramento» di salvezza. La Pasqua è sacramento di grazia!
Gerusalemme, con il sepolcro vuoto, è il luogo dell’evento, ma il tremore della sua risurrezione travalicò la Città santa, oltrepassando poi ogni tempo.
L’Eterno che gli parlava
Il Libro dell’Esodo ci racconta che Mosè, impressionato dalla teofania, o manifestazione potente dell’Eterno che gli parlava, cercò sul Sinai un nascondiglio, tanta era la sua sorpresa e il suo spavento: “Ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano” (Es 33, 22), gli dice allora il Signore; e Mosè vide un poco della gloria di Dio. In quella “cavità della rupe” si prefigurava il sepolcro di Gesù scavato nella roccia e, in quel “ti coprirò con la mano”, un pio gesto di affetto, quasi una carezza ultima del Padre verso il Figlio dell’uomo e Figlio di Dio, immolato; al primitivo seno di Maria si era ora sostituito il grembo della terra fredda.
Ma non poteva finire tutto così. “Poi toglierò la mia mano”, aveva detto l’Eterno a Mosè, e fu vita nuova. Gesù è risorto! La risurrezione è la vita che Gesù riprende; non è un redivivo, morto solo in apparenza; la sua vita non è più quella di prima. In Lui c’è una vita nuova e con essa precede i suoi discepoli e noi in quella «Galilea» delle genti dove la nostra esistenza, il nostro lavoro, le nostre malattie e paure, i nostri peccati ci umiliano.
Il dono del Risorto di cui abbiamo bisogno
La Chiesa annuncia ora, con le stesse parole dell’Angelo: “Non abbiate paura (…). Venite e guardate il luogo dove era stato deposto (…), ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete. (…) io ve l’ho detto” (Mt 28, 5-7).
L’incontro con il Risorto ha un indice di assoluta necessità; è necessario per ristabilire le relazioni con i discepoli confusi, relazioni nuove che rimescolano gli spiriti: “Pace a voi!” (Lc 24, 36). La pace è il dono del Risorto, e Dio sa quanto ne abbiamo bisogno per riconciliarci con la natura, con noi stessi e con gli altri, e per dare senso alla fede che esce turbata da incredulità, per centrarsi su Cristo.
Oggi, una nuova Pasqua
Viviamo una nuova Pasqua di resurrezione ancora avvolti (e non sappiamo fino a quando) dalla caligine della pandemia del Covid-19, con le sue restrizioni quaresimali e forse di purificazione, ma anche carica di tante speranze. Il viaggio papale in Iraq, terra martire, così breve ma denso, ha suscitato lì aspettative di pace e di riconciliazione, come pure possibilità di dialogo e di comprensione tra popoli e religioni da sempre in conflitto di supremazia, e aprendo un orizzonte che abbraccia tutto il Medio Oriente, la Palestina, la Siria ed ogni continente.
La visita ad Ur dei Caldei ha avuto – direi – un profondo sapore universale: Ur fu la patria di Abramo, l’uomo che credette, ed al quale Gesù fece un chiaro riferimento pasquale: “Abramo (…) esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia” (Gv 8,56). Abramo aveva intravisto il giorno di Gesù e al tempo stesso il giorno della sua risurrezione, gioendone nell’intimo, perché si realizzavano in questo Figlio ‘altro’ le promesse di divenire padre di una moltitudine di popoli (cfr. Gen 17, 5-8).
Nella Pasqua possiamo ora alzare lo sguardo verso il Signore Risorto che è stato trafitto e le cui piaghe sono state rese gloriose. Abbiamo bisogno di non dimenticare. Gesù compie le promesse dell’alleanza con Abramo e la sua resurrezione le rende eterne. Il Risorto ha, dunque, senso per la nostra vita e per l’umanità.
Come Cavalieri e Dame del Santo Sepolcro sappiamo di poter apportare il nostro contributo alla pace e al bene; siamo custodi e missionari dell’annuncio pasquale: Pace, pace a voi, il Signore è veramente risorto!
Buona Pasqua!

Ci apprestiamo ad entrare nel tempo quaresimale. Dopo un anno nel quale abbiamo vissuto in prima persona sfide più o meno grandi che ci hanno fatto sperimentare il deserto nel quale si ritira Gesù, accogliamo l’invito del nostro Gran Maestro ad approfittare di queste sei settimane che la Chiesa ci offre per nutrirci della Parola di Dio, per riconoscere nuovamente in Lui e solo in Lui la nostra roccia, per guardare le tentazioni che ogni vita umana affronta e lasciarci guidare nelle risposte da dare. Come Cavalieri e Dame seguiamo le orme di Gesù nel deserto prima e nel cammino verso Gerusalemme poi, tenendo fisso lo sguardo verso quello che il Cardinale Filoni ci ricorda essere “il riferimento del cammino quaresimale”: il sepolcro vuoto.

 

Entriamo nella Quaresima seguendo Gesù, ascoltandone non semplicemente il suono della voce ma la Parola, e lasciandoci attrarre dal suo esempio.

Nella vita cristiana c’è sempre un itinerario da percorrere e dal quale non possiamo esonerarci; il senso che noi vogliamo dare alla nostra vita ne costituisce la direzione, mentre con le nostre azioni ne componiamo il lastricato. Certo si può vivere anche senza darsi un indirizzo, e senza affannarsi nel cercarlo! Ma si può vivere conoscendolo o cercandolo, come in fondo hanno fatto tanti uomini e donne che hanno dato una svolta alla propria vita insignificante. Non si tratta di una scelta per imposizione, ma di adesione alla proposta che ci viene dalla fede orientata a Cristo.

L’itinerario quaresimale ci viene consegnato dalla Chiesa nelle prossime sei settimane in coincidenza con il tempo dell’anno liturgico: un periodo che ha come meta la Pasqua attraverso il mistero della passione e della morte di Gesù. Per tutti, salvifico.

La Quaresima ci appare allora un tempo cristologico; un tempo tracciato a somiglianza dei quaranta giorni in cui il Signore si ritira in una regione desertica, a somiglianza di Mosè e di Elia anch’essi eremiti dell’Eterno; Gesù, dunque, mette da parte il lavoro come affanno quotidiano, mette da parte affetti e relazioni e si nutre per quaranta giorni della Parola di Dio per lasciarsi tentare sulla “sicurezza” che istintivamente cerchiamo nella vita e nel tenore di essa (il pane), sulla fede (Dio, dov’è?), sulle suggestioni del culto insaziabile dell’io; in queste tentazioni si condensano tutte le lotte della nostra esistenza: siamo nel trivio di essa. Quaranta giorni preparano Gesù come fase immediata alla missione che lo attendeva; fu necessario questo “ritiro spirituale” per uscire da una vita fino a quel momento nascosta, apparentemente banale o comunque non diversa da tante altre. Di fronte alle fortissime tensioni che travagliano l’esistenza di ogni uomo e donna, Gesù prepara la sua risposta al pane, al potere e al successo.

Per noi non è diverso. Se riflettiamo, il Covid da un anno ci ha accomunati tutti in uno stile di vita alquanto quaresimale, che ha sconvolto il nostro itinerario tranquillo, tenuto sotto controllo sui binari rassicuranti delle tecnologie e delle nostre capacità. Siamo stati tentati sulla certezza del pane/lavoro, sulla rimozione di Dio, sulla nostra umiliata sopravvivenza e libertà; in sintesi: le grandi tentazioni di Gesù sono ancora le nostre.

La Quaresima ci ricorda dunque questa lotta del Signore; una lotta che non finirà mai ed è presente in ogni piega del nostro esistere; una lotta che continua in varie forme anche nell’umanità, anzi ritornerà sempre drammaticamente come lo fu per Gesù, tentato persino nell’orto degli ulivi e sulla croce. Dal Golgota nascerà però il Tempio nuovo della Gerusalemme altra, e quella di Gesù sarà la sua risposta ultima: il sepolcro vuoto. Il sepolcro vuoto è il riferimento del cammino quaresimale.

La Quaresima ci invita alla conversione e a credere al Vangelo, secondo la predicazione del Signore: «Il tempo è compiuto, e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo» (Mc 1,15); inoltre, ci esorta all’esercizio della carità, secondo l’insegnamento del Battista: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto» (Lc 3, 11), ci spinge alla preghiera, che ha per fondamento la presenza di Dio, per contenuto tutta la vita, anche l’esperienza dolorosa, e per configurazione l’unione affettiva a Cristo.

(15 febbraio 2021)

Cardinale Fernando Filoni

 

SEZIONE DI SIRACUSA –

Meditazione del Confratello Mons. Giuseppe Greco.

In questo tempo della pandemia abbiamo affrontato una prova angosciosa attraversando un deserto, come il popolo dell’Antica Alleanza. Deserto di solitudine, di smarrimento, di disorientamento. Abbiamo pianto la morte di tanti nostri fratelli. Abbiamo sperimentato la nostra estrema fragilità e la precarietà della nostra esistenza.

Ma siamo stati sostenuti dalla fede. Le nostre lacrime sono state lacrime di fede: lacrime illuminate dal Mistero della Croce di Cristo. È la Croce di Cristo che dà senso e valore alle nostre croci della vita. Non siamo soli nel dolore. Cristo è con noi e continua in noi e per noi il Mistero della sua Passione. Cristo continua a offrire se stesso, il suo Corpo e il suo Sangue, per la salvezza del mondo.

Le nostre lacrime sono state un linguaggio relazionale. Sono state lacrime di supplica accorata al Signore, lacrime che provenivano dal profondo del nostro essere e raggiungevano il cuore di Dio. Sono state lacrime oranti. Talvolta lacrime che si esprimevano in un grido lancinante, come le lacrime dell’orante biblico: “A Te grido, Signore, mia roccia” (Sal 28 [27, 1); “questo povero grida e il Signore lo ascolta, / lo salva da tutte le sue angosce” (Sal 34

[ 33], 7).

Il nostro grido fra le lacrime era un grido colmo di speranza e di fiducia: “Ho sperato, ho sperato nel Signore, / ed Egli su di me si è chinato, / ha dato ascolto al mio grido” (Sal 40 [39], 2).

Ci siamo sentiti vicini a Gesù che nel Getsemani ha pianto e ha gridato: “Nei giorni della sua vita terrena Egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime a Dio” (Eb 5,7).

Siamo stati pienamente consapevoli che le nostre lacrime non sarebbero andate sprecate. Sarebbero state invece custodite con amore dal Signore: “I passi del mio vagare Tu li hai contati, / nel tuo otre raccogli le mie lacrime: / non sono forse scritte nel tuo libro?” (Sal 56 [55], 9). L’otre pieno di acqua è la cosa più cara per chi attraversa il deserto sotto il sole cocente: nell’otre di Dio sono custodite le lacrime umane come la sua cosa più preziosa.

La Croce di Cristo è stata piantata nel cuore della storia. E’ un Mistero che si perpetua nei secoli. Sul Calvario, ai piedi della Croce, c’era Maria Santissima. Lei è stata associata al Mistero della Passione e della Redenzione operata da Cristo. Le sue Lacrime sono state pienamente Lacrime di fede, Lacrime di dolore e di amore. Questo Mistero ineffabile è stato perpetuato nella nostra storia tormentata, quando la Madonna ha pianto a Siracusa, irrorando la nostra terra di lacrime celesti.

Queste Lacrime sono più eloquenti delle parole. Sono Lacrime che sgorgano in silenzio perché provengono dal Silenzio che è il profondo Mistero di Dio. Sono Lacrime materne, versate anzitutto perché gli uomini hanno voltato le spalle all’Amore di Dio: Dio dice, per bocca del profeta Geremia, rivolto al suo popolo: “ha abbandonato me, / sorgente di acqua viva, / e si è scavato cisterne, / cisterne piene di crepe, / che non trattengono l’acqua” (Ger 2,13). E inoltre, quando si perde Dio, si perde il senso della vita, si perde ciò che di umano c’è nell’uomo, trionfa l’egoismo, la sopraffazione, la violenza, la menzogna, l’ingiustizia.

A noi spetta, come figli, consolare la Madonna delle Lacrime. Come Lei, dopo il dramma del Calvario, è stata consolata con la Risurrezione del Suo Figlio Gesù, così noi possiamo consolarla con il risorgere della nostra fede nel nostro cuore e nella nostra vita. E risorgendo la fede, possiamo insieme lottare per costruire un mondo più equo e più giusto, un mondo più umano.

Da qualche giorno era nell’aria ed ecco che in un giorno molto significativo per tutto l’Ordine, nella Festa della Madonna della Palestina è stato reso noto che S. E. Mons. Pier artista Pizzaballa da oggi è il nuovo Patriarca Latino di Gerusalemme e di conseguenza il Gran Priore dell’Ordine. A Lui a nome del nostro Gran Priore e del Luogotenente gli auguri più affettuosi di un buon lavoro, assicurandogli il sostegno della preghiera di tutti i Cavalieri e Dame della Sicilia.

La festa di Nostra Signora di Palestina – Patrona dell’Ordine del Santo Sepolcro – viene celebrata ogni anno il 25 ottobre.

Solitamente, per l’occasione, il Gran Maestro accoglie i suoi ospiti presso il Palazzo della Rovere, a Roma. La data di tale ricevimento annuale è sempre fissata in concomitanza della festività, nell’ambito della riunione autunnale del Gran Magistero che raduna le autorità dell’Ordine.

Quest’anno, a causa della crisi sanitaria correlata al Covid-19 e delle restrizioni imposteci, il Gran Maestro cardinale Fernando Filoni ha proposto di vivere la festa in maniera ancora più profonda, permettendo a tutti di parteciparvi, grazie ai mezzi di comunicazione. Con tale spirito, egli celebrerà una messa nella basilica di San Pietro, per le intenzioni dei cristiani e di tutti gli abitanti di Terra Santa, come anche quelle dei Cavalieri e delle Dame. La messa si svolgerà il 21 ottobre, alle ore 11, davanti all’Altare della Cattedra di San Pietro e verrà trasmessa in diretta sulla pagina Facebook del Gran Magistero dell’Ordine. Inoltre, nel pomeriggio del 21 ottobre, alle 18, il Gran Maestro e il Governatore Generale desiderano accogliere alcuni invitati al Palazzo della Rovere, nel rispetto delle regole di distanziamento imposte dalla pandemia, per una conferenza che sarà tenuta da Mons. Pierbattista Pizzaballa, Amministratore Apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme, sul tema: “Terra Santa e Medio Oriente. Attualità e prospettive possibili”.

Questa importante conferenza verrà trasmessa – con servizio d’interpretariato simultaneo in inglesein diretta sul sito del Gran Magistero; sarà altresì possibile seguirla in italiano sulla pagina Facebook dello stesso Gran Magistero.

La riunione del Gran Magistero si svolgerà – via streaming – il giorno successivo, con il coordinamento del Governatore Generale Leonardo Visconti di Modrone.

Una riflessione del Cardinale Fernando Filoni, Gran Maestro dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

Che vuol dire Ascensione del Signore? L’evento ci è narrato dagli Atti degli Apostoli (At 1, 9-11), ma ne parla brevemente anche Marco (Mc 16,19) alla conclusione del suo Vangelo, e poi Luca (Lc 24,50), che riprende la narrazione proprio negli Atti, quasi a collegare il tempo di Gesù con quello della Chiesa. I due evangelisti, dopo aver parlato della vita del Signore, della sua morte e risurrezione si limitano comunque a pochi cenni relativi alla dipartita del Signore. Dopo quaranta giorni dalla risurrezione, il Risorto mette da parte le attese di chi spera in una restaurazione politica di Israele, porta i Discepoli verso Betania, ricorda loro che gli saranno testimoni in Gerusalemme, nella Giudea e nella Samaria e fino agli estremi confini della terra, poi “elevandosi in alto viene sottratto al loro sguardo” (At 1, 11).
Con queste ultime suggestive parole si conclude il tempo storico di Gesù fra noi. Tristezza o perplessità nei Discepoli? Entrare nel cuore umano è sempre non agevole. In verità, rileviamo un’ultima confortatrice benedizione del Signore, il quale, prima di sottrarsi al loro sguardo, porta consolazione e vigore: ora essi possono tornare “a Gerusalemme con grande gioia” (Lc 24, 52) iniziando la propria testimonianza su Gesù. Come scrive Benedetto XVI in Gesù di Nazaret, con l’Ascensione la presenza del Risorto non è più spaziale, ma divina; Gesù non va da qualche parte, ma entra nella comunione trinitaria che gli permette di essere, al tempo stesso, ma in modo altro, presente accanto a noi; il suo diviene, pertanto, un «ritornare» in modo nuovo; infatti, dice San Paolo, noi non lo conosciamo più secondo la carne (cfr. 2 Cor 5, 16), ma secondo la fede e la grazia battesimale.
Anche la Chiesa, con questa festa liturgica conclude il ciclo degli eventi legati alla vita del Signore dopo averli ripercorsi dall’incarnazione alla morte/risurrezione. Il tempo liturgico che seguirà, verrà dedicato alla riflessione sull’opera e la predicazione di Gesù, alla nascita della Chiesa (Pentecoste), ai grandi misteri della fede (SS. Trinità, Corpus Domini, Regalità di Cristo), alla memoria di Maria e dei Santi, agli eventi che hanno fatto crescere la stessa Chiesa per l’impulso dello Spirito Santo (missionarietà, vocazioni, vita religiosa, ecc.).
Con l’Ascensione, dunque, Gesù ritorna al Padre e alla comunione trinitaria portando con sé tutta l’esperienza umana, in quanto vero uomo. Non si tratta di un aspetto secondario. Questo «portare con sé» la propria umanità, sebbene ora gloriosa, significa che Gesù non rinuncia a nulla di quanto ha vissuto; proprio nulla. In fondo, potremmo dire, in un senso analogico, che Dio «si arricchisce» di essa. Gesù porta con sé al Padre il suo volto, con la richiesta di perdono, la sua generazione secondo la carne, la sua educazione umana e religiosa, la sua consapevolezza di vita trascorsa in una famiglia, la propria fede vissuta nella tradizione ebraica, le relazioni umane più variegate: i sentimenti in relazione alla madre, al padre, agli amici, ai compaesani, ai parenti, alle donne, ai nemici, ai romani, agli accusatori, ai beneficiati, ai farisei, ai sacerdoti del Tempio, agli apostoli; porta ancora con sé l’esperienza della compartecipazione alla vita della gente: la commozione per la morte dell’amico Lazzaro e per il figlio della vedova di Nain, la solidarietà per lebbrosi, la lotta per liberare i tormentati dal demonio; e poi ancora il senso di fame, la tentazione, il tradimento, l’angoscia, la paura, la chiusura dei cuori e delle menti nei suoi confronti; porta anche con sé, e per sempre, la gioia nel pregare che affascinava i Discepoli, l’intima letizia per chi ha goduto del perdono, il fervore della gente saziata dal pane, la felicità incontenibile di chi era stato guarito da infermità escludenti, la gratitudine dei poveri, l’ammirazione per la natura: guardate gli uccelli del cielo, osservate i gigli del campo (cfr. Mt 6, 26.28); insomma, ogni aspetto della sua esistenza trascorsa tra noi. Ma avrà soprattutto presente l’esperienza del dolore vissuto nel proprio corpo: l’ingiusta condanna, l’umiliazione più profonda, l’abbandono e quel tormento fisico per le piaghe mai cicatrizzate, attraverso le quali sempre implorerà la comprensione per noi del Padre. Infine, la morte. A noi lascerà l’insegnamento di chi ha autorità: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori (cfr. Mt 5, 44).
Gesù, con l’Ascensione, conclude la sua esperienza storica, ma inaugura dunque una nuova relazione con noi: “Ecco io sono con voi fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20), promettendo di dare “la forza dello Spirito Santo, che scenderà su di voi” (At 1, 8). Fidarsi o non fidarsi? Qui entra in gioco la fede. La Chiesa ora vive alla luce di questa promessa e di questa fede nella sua missione di andare e ammaestrare tutte le genti, battezzandole per la loro incorporazione alla vita trinitaria divina lasciatale, come rivelazione incomparabile, in dono.
Quando professiamo che Gesù è asceso al cielo, ora sappiamo che siamo di fronte ad una prospettiva di vita altra nella quale il Risorto ci ha preceduti; non il vuoto immaginato per un addio: anzi, dice Gesù, “è bene per voi che io me ne vada perché se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò” (Gv 16, 7).
Con lo Spirito Santo inizierà per la Chiesa un tempo nuovo e una missione nuova; come per Maria, lo Spirito Santo la renderà madre feconda nella gioia della maternità, ma anche sofferente, come ogni madre per i figli perduti.
Maria e la Chiesa: stessa missione di portare Gesù.

Via Crucis e Messaggio del Gran Maestro per la Pasqua 2020

Il sepolcro vuoto non è il vuoto di Dio.  Il suo silenzio non è la sua assenza.

La Quaresima, con l’accompagnamento quotidiano della Parola di Dio, ci ha guidati verso la Pasqua.  Una Quaresima, quella di quest’anno, del tutto unica per la concomitanza di una pandemia (Covid-19) che ha sconvolto il mondo e i nostri programmi; un tempo, però, che per tanti forse diviene un periodo di profonda riflessione sulla nostra esistenza («Che cos’è l’uomo?»), il mistero di Dio («O Dio dove sei?») e la nostra relazione con Lui («Chi sono io per Dio?»).  Non interessa qui una risposta filosofico-antropologica.  

La Sacra Scrittura ci rivela che il Creatore, soffiando “nelle sue narici un alito di vita … l’uomo (ādām, la terra) divenne essere vivente” (Gen 2, 7); ma per la perdita della conoscenza ed il suo allontanarsi da Lui, Dio dovette parlare “molte volte e in diversi modi“(Eb 1, 1); ciò, tuttavia, sembrò non bastare perché la paura e il dolore hanno sempre continuato a tormentarci, tanto da indurci a credere che, nel silenzio di una risposta che avremmo voluto, si manifestava l’evidenza dell’assenza di Dio.  Gesù, con la sua incarnazione, al contrario, è divenuto la risposta completa di Dio, ed il sepolcro vuoto, dove tutto sembrò svanire, non rappresentò in verità il vuoto di Dio, ma un seno materno che stava per far irrompere nuovamente la vita; una vita, però, non più come prima.  La Pasqua, nell’umanità afflitta dal dolore e dal male immenso che a volte sembra sopraffarla inesorabilmente (quanti mali, quante guerre, quante violenze personali!), diviene una profezia nuova; è il riannodo della relazione tra Dio e la sua creatura: “Si dimentica forse una donna del suo bambino così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? E anche se una donna si dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco ti ho tatuato sulle palme delle mie mani” (Is49, 15-16).  Questa per noi è la Pasqua di Gesù!

Cari fratelli e sorelle, nello stupore di Maria di Magdala, delle donne, di Pietro e di Giovanni davanti al sepolcro vuoto siamo invitati ad accogliere l’annunzio dell’Angelo: “Non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso.  Non è qui. È risorto … e lo vedrete” (Mt 28, 5-7).

Vorrei rinnovare a tutti lo stesso annuncio ed estenderlo ad ogni Membro del nostro Ordine, con l’augurio che il mistero di Gesù risorto produca gioia grande, che apporti pace e uno spirito rinnovato.  Con Maria, la madre di Gesù, le donne e gli uomini che avevano visto morire e avevano sepolto il Signore, siate ora testimoni della sua risurrezione.

VIACRUCIS2020

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: